“CAMPARI SCIMASCIO’”

 “CAMPARI SCIMASCIO’”

Succede che accade.

Non ce lo avevano detto che sarebbe stato così o comunque non l’abbiamo creduto.

La vita deve preparare agli addii, lo si capisce da adulti.

La vita deve renderci forti tanto da sostenere che le persone che sono state i pilastri su cui abbiamo costruito la nostra crescita, quella che è la nostra storia oggi, vadano via, in un altrove imprecisato.

Lo è per i nostri genitori, per gli amici, per gli zii, per le persone che rappresentano la narrazione a cui tornare ogni volta che ne abbiamo bisogno, ogni volta che sentiamo l’urgenza della base solida e rassicurante delle nostre origini.

Penso a mia madre e la guardo osservarmi dai confini della tela che ha dipinto mia sorella anni fa, con profondo amore e che è davanti alla mia scrivania ben in vista..

Penso a mio padre e alle sue lune di traverso, a Carlo e alla sua gioia dirompente, a Lidia silenziosa e presente, a Gelsomina e al suo balcone da cui si affacciava gridando “sturdellò!” tra le nostre risa e il suo saluto affettuoso, a Tonino il generoso, a Momo e i suoi gnocchi a centinaia, a Peppe amico di stornelli, a Lidia la strillona e ai suoi rimbrotti continui, che poi le volevamo bene nonostante tutto, a Fabio e Fabrizio rimasti cuccioli per sempre e a Claudio e il suo sidecar con il cane con gli occhiali, a zia Luciana, e a tutti gli altri che se ne sono andati mano a mano, e non posso che ricordare tutti i giorni passati a vivere insieme queste vite incontrate e volute.

Ci si ritrova orfani più volte, via via, orfani delle parole, dei gesti, degli sguardi, delle risa che hanno alimentato le nostre vite incessantemente. Orfani di quella semplicità e dell’amore che, seppur in mille contraddizioni, sapeva donare ciò di cui oggi siamo protagonisti e testimoni. Ci si riscopre pensierosi, riflessivi, attoniti perché a nessuno è dato conoscere in quale altro luogo saranno raffigurati i nostri cari dal domani in poi.

Certo è, che a me capita una cosa strana a volte. Non riesco a dimenticare il calore della sua mano nella mia, cioè mi scotta proprio addosso, nel derma che ricordando mi affiora. Non riesco ad ignorare il suono bello della sua risata generosa che mi si rinnova a caso, in un “qualsiasi” della mia giornata. E nemmeno le sere d’estate e gli schiamazzi allegri della gente per il vicolo che festosamente cominciava i preparativi per le feste improvvisate. E il sugo a bollire dalla mattina, e le cipolle e le patate, e gira e rigira, e la pecora sacrificata a gorgogliare. Le cantine aperte con i prosciutti e i salumi e il formaggio custoditi gelosamente tanto erano preziosi, e il vino che cominciava a scaldare l’animo che si rendeva via via più scanzonato e gioioso. E lo “zibbefracche”, come lo chiamava lei, mia madre, che cominciava a riempire il vicolo di canzoni popolari a cui seguivano il coro delle voci in un rincorrersi continuo, più di tutte la sua, e i balli improvvisati di mio padre tra i tavolini che nel frattempo cominciavano a imbandirsi di stoviglie, e tutti operosi, anche noi che eravamo giovani, per una festa che sembrava non dovesse mai finire.. e gli stornelli che intonava lui, tra un brindisi e un “campari scimasciò” gridato a voce alta con il calice proteso verso l’alto… che così si fa per smuovere il mondo e tutto ciò che gira intorno. Che poi a pensarci bene non ho mai capito cosa dicesse veramente in quel suo saluto alla vita, ma è così che lo ricordano le orecchie e il mio cuore stasera, “campari scimasciò”.

Ad uno ad uno si rinnovano i ricordi che si fanno reali perché sono stati.

Ad ognuno di noi restano i pezzi preziosi, insostituibili, unici, di un puzzle che è la storia delle nostre vite incrociate, perché volute.

E nella commozione di cui si incorniciano i miei ricordi ora, so che la vita deve preparare agli addii, lo si capisce da adulti, lo sto capendo ancora una volta stasera.

Ma da adulti si comprende anche che in tutti i possibili significati che ci sembrano non significare nulla, uno è più in alto degli altri.

Comincia per la lettera A e finisce con la lettera E.

“campari scimasciò” Carlo. 
“campari scimasciò” ai miei cari. 🌹
(Kampai shimasho)

di Sandra Catalano (29 gennaio 2020) – (© Tutti i diritti riservati)

gestione

Ultimi post

Leave a Reply